La fiscalità locale continua a rappresentare un peso crescente per le imprese. Un carico di tributi divenuto, oramai, troppo oneroso e ingiustificato se si considerano le iniquità che lo caratterizzano.
Tra le varie tasse, quella relativa ai rifiuti (Tari) è emblematica. Nonostante una significativa riduzione nella produzione dei rifiuti, in soli 5 anni il tributo ha subito un incremento percentuale del 55%. Un importo che, a oggi, si attesta intorno ai 3 miliardi di euro.
È quanto emerge da un’analisi di Confcommercio, appena presentata da Pierpaolo Maschiocchi, responsabile Settore ambiente e utilities.
Una tassazione crescente che ha inciso su tutte le principali categorie economiche del terziario, con distorsioni eclatanti per alcune attività. Enormi, inoltre, sono i divari di costo tra territori. Numerosi sono i casi , infatti, ove la spesa per la gestione dei rifiuti, a parità di livelli qualitativi di servizio, manifesta scostamenti significativi anche tra Comuni limitrofi, con picchi che sfiorano il 900%.
Ancora più anomali i divari di costo tra medesime categorie economiche, sempre a parità di condizioni. Una situazione aggravata dal peso dell’inefficienza delle amministrazioni locali. Il 62% dei Comuni capoluogo di provincia registra infatti una spesa superiore rispetto ai propri fabbisogni (così come definiti dallo stesso Governo), peraltro associata con livelli di servizio e prestazioni inferiori. In alcuni casi lo scostamento dal fabbisogno è superiore all’80%.
Il costo di questa inefficienza ha prodotto un mancato risparmio di 1,3 miliardi di euro che potenzialmente avrebbe potuto rappresentare una riduzione del costo del servizio e quindi della tariffazione.