Marketing | Personal Branding

Quando il marchio da promuovere è in carne e ossa

Una delle strategie di personal branding più riuscite nel nostro paese è senza dubbio quella che ha per protagonista Chiara Ferragni. Partita nei primi anni del secondo millennio con alcuni blog in cui descriveva la sua vita e i suoi look da adolescente, oggi è un’imprenditrice digitale conosciuta a livello internazionale con un brand il cui giro d’affari è da capogiro.

Il caso Chiara Ferragni è senza dubbio da manuale, l’esempio più lineare di cosa voglia dire puntare tutto sulla propria immagine e farne motivo di business. Questo fa infatti il personal branding: valorizza i punti di forza in modo coerente rispetto all’ambito professionale in cui la persona stessa di muove, ne fa oggetto di una comunicazione globale che non ammette pause o cedimenti, alimentando così l’interesse del pubblico, che a sua volta alimenta la popolarità del personaggio e di conseguenza il suo business.

Abbandonando l’olimpo delle divinità contemporanee e scendendo a un livello più umano, nel personal branding oggi si cimentano non solo la maggior parte dei personaggi pubblici, ma anche una quantità sempre maggiore di piccoli o grandi imprenditori, che attraverso il racconto di sé raccolgono consensi e aumentano la visibilità della propria azienda o attività (se ne hanno una) o del proprio lavoro (nel caso ad esempio di consulenti, influencer, artigiani ecc).

Il personal branding, infatti, si adatta a chiunque abbia la necessità, o anche soltanto il desiderio, di costruirsi una sua reputazione, ad esempio, per raggiungere lo status di esperto di un determinato argomento, per mettere in luce passioni o aspetti particolarmente interessanti della propria vita, personale o professionale che sia, per aumentare la propria notorietà in un particolare settore, per acquisire nuovi follower o raggiungere una platea sempre più ampia con il proprio messaggio. Il fine, in maniera diretta o indiretta, rimane sempre il business.

Naturalmente oggi la partita si gioca quasi interamente online. Le attività di personal branding per aumentare la propria personal reputation sono quasi totalmente legate ai canali social, o quanto meno lo è senz’altro la loro diffusione.

Il personal branding in pratica

Per fare marketing di prodotto bisogna partire dal prodotto stesso: analizzare le sue caratteristiche, i punti di forza e di debolezza, il mercato in cui si inserisce e i competitor di riferimento. E ancora il target a cui si rivolge, la domanda che va a soddisfare, i plus che lo distinguono dai prodotti similari e che dovrebbero orientare la scelta del consumatore.

Tutte queste considerazioni valgono anche per il personal branding, che altro non è se non una strategia di marketing applicata a sé stessi. La conoscenza di sé è quindi il punto di partenza. L’ideale sarebbe proprio partire da una “Swot” di se stessi, ovvero da un’analisi che tipicamente si applica nel marketing alle strategie di prodotto e che prende in considerazione i punti di forza (Strength), i punti di debolezza (Weakness), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats).

L’importanza di fare community

Una volta identificati i propri punti di forza, vanno chiaramente inseriti in uno storytelling efficace che valorizzi la nostra persona agli occhi del target di riferimento, che va correttamente individuato, chiamato a raccolta e a sua volta valorizzato e fatto sentire parte di una community. Onestà e coerenza sono i due must have dello storytelling. Raccontarsi in maniera trasparente e sincera, sapendo sì valorizzare i propri pregi ma non nascondendo i lati più deboli che ci rendono ancora più umani e veri è la chiave del successo.

Allo stesso modo è fondamentale trovare i contenuti e il tone of voice che ci rendano un punto di riferimento per la nostra community a cui dobbiamo rivolgerci e con la quale dobbiamo instaurare un rapporto duraturo. Quasi fosse un contratto, o meglio ancora una relazione amorosa, ci sono patti da rispettare e promesse da mantenere che passano dall’erogazione di contenuti interessanti e unici, che hanno l’obiettivo di distinguerci dagli altri e di farci scegliere ogni giorno. Chiarezza dei contenuti (e delle proprie posizioni), scelta coerente dei canali e insistenza sui temi di riferimento sono tre ingredienti fondamentali per non perdere mai aderenza con il proprio pubblico.

Unicità e specializzazione

Possiamo distinguere due tipologie di personal branding. La prima è forse più insidiosa ma allo stesso tempo richiede un po’ meno creatività. È quella che si applica a persone già famose di per sé, come ad esempio i politici o gli attori o i personaggi della TV, per i quali si tratta di mantenere alta una reputazione positiva senza necessariamente do- versi inventare nulla. Diverso invece è il personal branding che può fattivamente influenzare il business di un professionista o di un’azienda. In questo caso lo sforzo creativo e strategico risulta decisamente più impegnativo.

Due sono le caratteristiche che favoriscono il successo. Da un lato la verticalizzazione: più sono specializzato, più sono circo- scritti il settore a cui mi riferisco e la tipologia di argomenti che so trattare con elevata competenza, maggiori saranno le possibilità di successo e di tenere agganciato il mio pubblico.

Un secondo aspetto importante è l’unicità. Essere i primi a trattare un determinato argomento è sicuramente la via più diretta per fare tombola, ma non è certo cosa facile, e lo sarà sempre meno. Identificare però uno stile che ci distingua, un particolare che ci renda diversi da tutti gli altri e soprattutto riconoscibili immediatamente è una via altrettanto sicura per acquisire notorietà e di conseguenza un vantaggio competitivo sugli altri.

Insomma, le possibilità che il mondo della comunicazione ci offre sono infinite, basta avere idee, obiettivi e tanta determinazione. E un’avvertenza: anche il personal branding è “un lavoro”: non si può improvvisare, va fatto con professionalità e soprattutto dedicandovi tempo e risorse.