Nell’ultimo biennio il mondo sembra essere entrato in un momento di profonda instabilità, con significative ripercussioni anche sul commercio internazionale e sui consumatori.
La pandemia ha messo a dura prova molte delle regole e delle istituzioni mondiali consolidate. Inoltre, ha portato a riconsiderare il consenso dei modelli capitalistici globalizzati più duraturi.
Una delle consapevolezze acquisite è il rischio legato alla dipendenza da singoli mercati o da provider monopolistici di beni, che si tratti di dipendenza energetica, alimentare, sanitaria o economica.
Globalizzazione 2.0
Le parole d’ordine di questo periodo sono resilienza e sicurezza: è necessario stabilire un nuovo equilibrio, ed è proprio ciò che sta accadendo oggi.
In soli due anni, molte aziende si sono riorganizzate per mettere in sicurezza le linee di produzione, le reti di distribuzione e cercare di mantenere i costi a un livello che, nonostante l’aumento dell’inflazione globale, è rimasto relativamente gestibile.
Secondo Manhattan Associates, azienda tech che opera nel settore della supply chain e nel commercio omnicanale, sarebbe un errore pensare che le difficoltà di oggi (carenza di prodotti e personale, pressione inflazionistica, ecc.) siano semplicemente incidenti ciclici.
La globalizzazione come la si conosceva è stata stravolta negli ultimi due anni. Il modello di globalizzazione del commercio, insieme alle supply chain che ne sono alla base, oltre all’aumento del rischio politico, tecnologico e informatico, sono tutte aree che creano complessità, fragilità e incertezza.
Di fronte a tali rischi, è fondamentale che le organizzazioni, i governi, le società e i singoli individui abbiano a disposizione gli strumenti per potersi adattare rapidamente, costruendo e avendo accesso a reti che siano resilienti, innovative e adattabili.