L’emarginazione delle donne dal settore edile è un problema di tutti – dichiara Cecilia Hugony, Consigliere delegato Progetto Donne – Assimpredil Ance -. Purtroppo, o per fortuna, le donne non sono necessariamente in prima linea per abbattere queste barriere: ci sono imprenditori molto sensibili e attenti alla questione e donne che non riconoscono neanche l’esistenza di tale problema. A dire il vero, non occorre avere un “welfare femminile” ma dobbiamo accompagnare le donne a capire che devono esigere dal partner la condivisione nelle attività di cura dei figli e della casa. Per fare questo, bisogna dare il buon esempio, offrendo anche agli uomini la possibilità di un miglior equilibrio casa-lavoro grazie a misure di supporto alla genitorialità.
Per promuovere la presenza femminile nel comparto edile la prima strada da percorrere è valorizzare chi in edilizia già c’è: occorre che le imprese riflettano in modo critico per verificare che effettivamente le donne presenti abbiano le stesse opportunità di crescita professionale e che non siano oggetto di micro-aggressioni quando entrano in cantiere. Occorre, in questo senso, una forte collaborazione dei colleghi e delle colleghe. Nella mia azienda (Telcos, che ha un tasso di presenza femminile rosa pari a quasi il 50%, ndr) molte donne arrivano attraverso amiche o amici che già lavorano con noi.
Allo stesso tempo, dobbiamo approfittare dell’incredibile opportunità di avere donne in ruoli apicali nella nostra Associazione: tutte loro rappresentano il valore che le donne possono portare al settore e dovremmo sfruttare la loro presenza per farle conoscere come role model a un pubblico più ampio.
Dobbiamo poi lavorare con i giovani che stanno scegliendo il loro percorso professionale e che spesso sono anch’essi guidati da pregiudizi. Le etichette lavoro “da maschi o da femmine” sono purtroppo ancora molto attuali e convogliate da più parti. Uno degli obiettivi del progetto ANChE Donna è lavorare sulla comunicazione dell’edilizia come un settore aperto e inclusivo, che premia competenze diverse e di qualità. Non credo, infatti, sia corretto usare la definizione “edilizia al femminile”: potenzialmente tutte le attività possono essere fatte dalle donne ma senz’altro occorre che le imprese assicurino alla componente femminile le opportunità e i mezzi adeguati per operare al massimo delle sue potenzialità. Si deve partire con accorgimenti semplici: bagni per le donne in cantiere con cestini per gli assorbenti; un ambiente di lavoro misto e non completamente maschile; attenzione al linguaggio e identificazione delle micro-aggressioni legate al pregiudizio di genere e interventi per risolvere situazioni sgradevoli. I gruppi di lavoro misti sono più creativi, più coesi, si basano sulla collaborazione e non sulla competizione; all’interno di questi, le donne possono essere protagoniste.
Ottenere un welfare “femminile” sarebbe una grande sconfitta per le donne; piuttosto le imprese dovrebbero attivare un welfare per chi ha figli o chi deve curare i genitori, indipendentemente dal genere. Tra i temi più urgenti da affrontare per la nostra società ci sono senza dubbio, le pari opportunità e la lotta al pregiudizio di genere. In Italia siamo in alto mare e le nuove generazioni sembrano, incredibile ma vero, ancora più retrograde. L’idea che i figli siano appannaggio della madre e che i lavori domestici spettino alla donna sono ancora luoghi comuni. Occorre un’autentica battaglia culturale a tutto campo per “dinamitare” questa visione, peraltro superata nel resto d’Europa. L’equità salariale avverrà di conseguenza e per quanto riguarda la flessibilità vita-lavoro, importantissima, direi che è uscita dalla sfera della questione di genere. I giovani, tutti, tengono tantissimo alla flessibilità e all’equilibrio tra lavoro e tempo libero.
L’edilizia non può fare a meno delle donne, per due motivi. Il primo è che abbiamo una forte carenza di personale, destinata a crescere, visto che il numero degli abili al lavoro si ridurrà drasticamente nei prossimi anni e se riuscissimo ad attingere a quella metà della popolazione in età da lavoro che oggi trascuriamo, avremmo maggiori possibilità di ottenere le risorse umane di cui abbiamo bisogno. Il secondo è che in quel 50% di forza lavoro “trascurato”, fatto di donne, ci sono almeno tanti talenti quanti ne troviamo tra gli uomini e di questi abbiamo bisogno. L’edilizia è in una fase di grande trasformazione: Bim, intelligenza artificiale, costruzioni off site e le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il modo di costruire. La figura tradizionale del muratore non è più rappresentativa di un settore sempre più complesso, che ha bisogno di innovatori: donne e uomini.
